Gli scenari dei retailer USA emersi da NRF 2023: segmentazione, sostenibilità, tecnologia

Nei primi giorni di Gennaio Dialogica ha partecipato, assieme al partner USA (Cambridge Retail Advisor) a NRF, il più importante evento fieristico nel mondo Retailer.

Nuove tecnologie, conferenze, visita agli store: una full immersion e una finestra sul futuro della distribuzione. Alcune impressioni.

Se è scontata l’attenzione all’e-commerce meno ovvie sono le riflessioni emerse: i servizi erogati, molto costosi, non sono economicamente sostenibili. Quindi si può prevedere una modifica delle condizioni di fornitura (più onerose per i clienti).

L’uso dei dati dell’e-commerce (molto dettagliati e precisi) ha fatto capire che la currency per la creazione del valore è il dato che descrive lo shopper, il suo percorso di acquisto, le sue scelte finali.

Il dato deve essere preciso, molto dettagliato, anche nel punto vendita fisico. Si ammette che la conoscenza dello shopper che compra in negozi fisici è del tutto insufficiente.

Da qui il fiorire di “prove di nuove tecnologie” per gli store: gli scopi: ridurre il personale (un aspetto molto critico data la difficoltà a reperire addetti alle vendite in store) e accrescere la conoscenza dei clienti.

Quest’ultimo aspetto ha portato allo sviluppo di nuove tecnologie (la maggior parte delle quali inutilizzabili in Italia per la legge sulla privacy): spesa “contactless”, scanner di scaffale per ridurre gli out of stock, boom della comunicazione digitale in-store.

Bello ma di fatto un grande showdown dei produttori di tecnologia: le soluzioni sono molto costose, richiedono una rivoluzione degli spazi espositivi e devono ancora dimostrare nei fatti di aumentare la conoscenza dei comportamenti di acquisto dei consumatori.

Abbiamo preparato un report completo che potremo condividere con chi ce lo chiederà.

Interpretare il sesso e l’età con i sistemi automatici di detection

Si parla di recente di face recognition, ovvero di sistemi automatici che riconoscono le persone dalle caratteristiche somatiche del viso. Queste apparecchiature sono (o stanno per essere) installate in aeroporti, dogane, essenzialmente per fini di sicurezza. Dato che non più tardi di ieri in riunione da un noto retailer mi sono state chieste delucidazioni sul funzionamento dei sistemi, pubblico il post che spero possa essere utile a chiarire qualche dubbio su una tecnologia per molti nuova: noi di Dialogica  usiamo la tecnologia di face detection dal 2008.

La cosa fondamentale (anche per le implicazioni legali) da chiarire per fugare la confusione che regna, anche grazie a molti operatori che, utilizzando software di varia provenienza, senza la dovuta esperienza e le verifiche legali (ottenendo cioè il benestare del Garante della Privacy), si propongono al mercato, è la differenza (fondamentale) fra face recognition e face detection.

Le imprese serie e professionali, che usano sistemi automatici per analisi di marketing non parlano mai di face recognition, ma solo di face detection. I sistemi di face detection non riconoscono ma stimano in modo anonimo età e sesso. I dati, per essere compliant con la legge, devono essere trattati non solo in modo anonimo, ma devono seguire un processo di raccolta e trattamento assolutamente rigoroso e rispettoso di quanto stabilito dal GDPR (legge europea sul trattamento dei dati personali).

Del resto, come potete vedere dall’immagine, tratta da una ricerca fatta dall’università di Regensburg in Germania, che ha ricostruito il viso “medio” di uomini e donne, a volte stabilire il sesso non è così semplice o immediato. Quindi, i sistemi commerciali di face detection sbagliano (i migliori poco); per fortuna! Privacy in salvo!

In sintesi, se volete utilizzare i sistemi di face detection, diffidate di chi non ha esperienza (tangibile e documentabile), di chi non ha fatto tutti i passaggi per ottenere la totale e dimostrabile approvazione dell’autorità Garante della Privacy (l’azienda rischia una multa molto pesante). Un piccolo consiglio: chiunque vi parli di face recognition non è un professionista, quindi diffidate.

Il Digital out of home: luci e ombre

Il Digital out of home, ovvero tutti i video collegati in rete che vediamo nelle stazioni, negli aeroporti, per la strada, nei negozi, sono un media relativamente nuovo. Gli schermi sono utilizzati, in prevalenza, per trasmettere informazioni o advertising.

Come tutti i media necessitano di un sistema affidabile, robusto, scientificamente solido per la misurazione della loro efficacia: la creazione di un network richiede investimenti importanti in tecnologia, connessioni, hardware, software ed è quindi necessario pianificare con estrema cautela il network e misurare con attenzione i ritorni.

Negli anni, attraverso i nostri sistemi di face detection, abbiamo misurato più di un miliardo di consumatori esposti a diversi network di Digital out of Home. Abbiamo quindi acquisito una solida esperienza che ci ha fatto capire ciò che funziona, cosa è necessario fare, gli errori da evitare.

Una prima considerazione riguarda l’approccio al problema: solitamente, in fase iniziale, ci si occupa prevalentemente degli aspetti tecnici e tecnologici: quanti schermi? Dove? Come connetterli in rete? Con quali costi? Quale software per la gestione dei contenuti? Aspetti sicuramente importanti ma non guidati da una logica di marketing, che dovrebbe prevedere in prima istanza, quindi prima del “che cosa fare” una analisi sul cliente. Chi è? Cosa vuole? Come utilizzerà il mezzo? Ne avrà un beneficio? Se si quale?

Facciamo subito qualche esempio:

  1. Catena di Ipermercati (Italia): video installati in prossimità delle avancasse. Perché? (nostra domanda). Risposta: è la zona più comoda… Risultato: dopo due anni sono stati disinstallati per manifesta inefficacia. Soldi sprecati…
  2. Stazione (Estero): Video installati in un corridoio di accesso ai treni. Teoricamente la posizione è interessante…peccato che i video siano orientati in modo distonico rispetto al flusso dei passeggeri. Risultato: attrattività bassissima. Di nuovo soldi sprecati…

Nel 2014 si è svolta a Stoccolma la prima conferenza mondiale sui Video analytics (http://www.springer.com/us/book/9783319128108). Chi di voi avrà voglia di visitare il sito Springer (che ha pubblicato gli atti del congresso) noterà che, tranne in un solo caso, tutti gli argomenti erano strettamente tecnici. Un solo intervento di marketing! Il Digital out of home è territorio di ingegneri e tecnici. Benissimo, sono necessari. C’è però una contraddizione. La maggior parte dei network vivono se raccolgono e trasmettono pubblicità. Quindi marketing. Non trovate che sia un paradosso? Chi genera valore (il marketing) non è l’attore principale del processo. Strano, non è vero? Ma questa è una storia vecchia…

Seguiteci nelle prossime puntate:

Il processo corretto di sviluppo di un network di Digital out of Home

Come misurare le audience

Come utilizzare i video nei punti vendita in modo efficace