Un tour… un’esperienza. Ecco i numeri

Un evento rappresenta sempre un’ottima opportunità di visibilità per le aziende e i loro brands, nonché un punto di contatto diretto, e quindi “privilegiato”, con i loro clienti.

Nella precedente puntata ci eravamo lasciati con una domanda: è possibile calcolare l’effettivo ritorno di un investimento di marketing di questo tipo? Vi avevamo anticipato che è possibile per noi raccogliere dati e tradurli in informazioni atte a stabilire la potenzialità di una piazza/location, a capire quale è stata la copertura effettiva e se è stato raggiunto il proprio target di interesse.

Oggi vi raccontiamo un caso che ha visto come protagonista un evento di grande successo.

Siamo nell’estate/autunno 2012. Mondadori lancia l’iniziativa del Tour Experience Donna Moderna, con tappa in sei città italiane. Quattro sono le tappe da noi monitorate: Bari, Napoli, Roma e Brescia.

Il tour si preannuncia già come una sfida. L’area da monitorare è molto ampia: al suo interno prevede sia spazi dedicati a varie attività di intrattenimento (cucina, fitness, laboratori, sfilate…), sia corner ceduti come spazi pubblicitari e di vendita effettiva ad aziende sponsor dell’evento. Il cliente ci pone queste domande: quali sono i numeri effettivi del tour? Quale piazza ha reso meglio? Che visibilità ha dato a Donna Moderna e alle aziende sponsor?

Nel grafico vi riportiamo, per singola tappa, i dati relativi al numero complessivo di visitatori (traffico, ovvero le persone che sono transitate all’esterno della struttura), di chi l’ha osservata (viewers) e di chi è effettivamente entrato (ingressi).

La tappa di Napoli si impone come “best performer”. I numeri sono i più alti. Se tuttavia consideriamo i tassi di conversione, scopriamo che Napoli si posiziona al primo posto solo in termini di numeri assoluti: Brescia infatti registra il tasso di ingresso più alto (42% contro una media del 27% delle altre piazze), e pure il rapporto fra il suo numero di visitatori e il bacino di popolazione di riferimento è il più elevato (17% contro una media dell’ 8%).

A questi dati integriamo ora un esempio di nostri KPIs che misurano il grado di coinvolgimento dell’audience raggiunta:

Napoli si riposiziona al primo posto per i livelli di Attrattività (che ricordiamo essere la capacità della struttura di catturare lo sguardo dei visitatori). Roma, che sembrava aver deluso un po’ le aspettative per l’affluenza di visitatori, si aggiudica invece il primato sui livelli di Interesse e Attenzione generati.

Nel complesso, l’evento ha registrato 205.300 visitatori; 51.000 sono stati i visitatori medi per singola tappa e più di 10.000 per singolo giorno. Numeri decisamente da favola!

Il Digital out of home: luci e ombre

Il Digital out of home, ovvero tutti i video collegati in rete che vediamo nelle stazioni, negli aeroporti, per la strada, nei negozi, sono un media relativamente nuovo. Gli schermi sono utilizzati, in prevalenza, per trasmettere informazioni o advertising.

Come tutti i media necessitano di un sistema affidabile, robusto, scientificamente solido per la misurazione della loro efficacia: la creazione di un network richiede investimenti importanti in tecnologia, connessioni, hardware, software ed è quindi necessario pianificare con estrema cautela il network e misurare con attenzione i ritorni.

Negli anni, attraverso i nostri sistemi di face detection, abbiamo misurato più di un miliardo di consumatori esposti a diversi network di Digital out of Home. Abbiamo quindi acquisito una solida esperienza che ci ha fatto capire ciò che funziona, cosa è necessario fare, gli errori da evitare.

Una prima considerazione riguarda l’approccio al problema: solitamente, in fase iniziale, ci si occupa prevalentemente degli aspetti tecnici e tecnologici: quanti schermi? Dove? Come connetterli in rete? Con quali costi? Quale software per la gestione dei contenuti? Aspetti sicuramente importanti ma non guidati da una logica di marketing, che dovrebbe prevedere in prima istanza, quindi prima del “che cosa fare” una analisi sul cliente. Chi è? Cosa vuole? Come utilizzerà il mezzo? Ne avrà un beneficio? Se si quale?

Facciamo subito qualche esempio:

  1. Catena di Ipermercati (Italia): video installati in prossimità delle avancasse. Perché? (nostra domanda). Risposta: è la zona più comoda… Risultato: dopo due anni sono stati disinstallati per manifesta inefficacia. Soldi sprecati…
  2. Stazione (Estero): Video installati in un corridoio di accesso ai treni. Teoricamente la posizione è interessante…peccato che i video siano orientati in modo distonico rispetto al flusso dei passeggeri. Risultato: attrattività bassissima. Di nuovo soldi sprecati…

Nel 2014 si è svolta a Stoccolma la prima conferenza mondiale sui Video analytics (http://www.springer.com/us/book/9783319128108). Chi di voi avrà voglia di visitare il sito Springer (che ha pubblicato gli atti del congresso) noterà che, tranne in un solo caso, tutti gli argomenti erano strettamente tecnici. Un solo intervento di marketing! Il Digital out of home è territorio di ingegneri e tecnici. Benissimo, sono necessari. C’è però una contraddizione. La maggior parte dei network vivono se raccolgono e trasmettono pubblicità. Quindi marketing. Non trovate che sia un paradosso? Chi genera valore (il marketing) non è l’attore principale del processo. Strano, non è vero? Ma questa è una storia vecchia…

Seguiteci nelle prossime puntate:

Il processo corretto di sviluppo di un network di Digital out of Home

Come misurare le audience

Come utilizzare i video nei punti vendita in modo efficace