Come convertire gli shoppers potenziali in attuali?

Abbiamo visto che potenzialmente un qualsiasi shopper che entra in corsia, sosta di fronte allo scaffale in cui è collocato il mio prodotto, e soprattutto presta attenzione ad esso, può diventare un mio cliente effettivo.

Lo spazio di azione che il marketing ha a disposizione per colmare il gap che sussiste fra attenzione ed acquisto è veramente esiguo (per un approfondimento sul tema vi rimandiamo all’articolo dedicato ai tempi di attenzione). Certo, esiste sempre l’arma della promozione. Ma non sempre questa sortisce gli effetti sperati, anzi il tutto molto spesso si esaurisce in una guerra di prezzo che erode i margini e sbiadisce l’immagine della marca.

La sfida oggi è trovare soluzioni alternative alla promozione di prezzo nel punto di vendita. Tutto comunica (G. Batheson diceva che non si può non comunicare), e quale occasione migliore di intercettare i clienti se non quando sono impegnati a decidere che cosa acquistare?

Un caso. Protagonista è un brand che gode di una buona equity (è difatti attivamente ricercato dallo shopper) e che ha un posizionamento di nicchia (prezzo medio-alto, collocamento nel segmento “Premium”). Lo teniamo in osservazione per un periodo di 9 settimane in un panel di ipermercati.

Questa è la situazione, al momento della nostra analisi. Le vendite del brand in oggetto (Brand A) sono effettivamente basse, ma molto correlate con l’andamento nel periodo del numero di shoppers potenziali. Il brand è attivamente ricercato dal cliente. Anche il leader di categoria (Brand B) è molto ricercato. Ciò evidenzia che la differenza fra i due prodotti sta nella performance di vendita, mentre in termini di «ricercatezza» il differenziale è molto esile.

Ma ora ritorniamo al nostro obiettivo di partenza: che cosa fare per aumentare il sell out del brand A?

In alcuni punti vendita del nostro panel di test viene sperimentata una attività di comunicazione per un periodo di 5 settimane. Qui i risultati:

 

La linea blu rappresenta il numero degli shoppers potenziali (coloro che hanno osservato il brand A); la linea rossa il numero degli acquirenti effettivi. I primi conoscono un aumento del 5%; i secondi addirittura del 60%!! E il sell out cresce del 57%!

Tutto questo viene ottenuto senza la “spinta” di alcun taglio prezzo e con una comunicazione molto semplice ma che raggiunge perfettamente quello che si propone: fare da “recall” di un brand già molto ben posizionato nella mente del consumatore. Questi, stimolato al momento e nel luogo giusto, procede di fatto a più acquisti. Una buona lezione per il marketing.

 

Agiamo nello stesso modo online e offline?

Ovvero, è possibile seguire dei cluster di shopper nel loro processo di acquisto nei negozi e nella loro navigazione online? Perché farlo?

Come sempre partiamo dalla pratica. Siamo nel mondo del largo consumo e consideriamo una marca molto nota: perché solo lo 0,74 % degli shopper si avvicina e la tocca? Perché perdiamo due terzi degli shopper potenziali, cioè coloro che hanno toccato il prodotto (ma non lo hanno acquistato)?

Il 46 % di coloro che toccano il prodotto (quindi i più potenziali) sono maschi adulti. Cosa li fa desistere?

Solo il 16 % degli acquirenti effettivi è un maschio adulto. Cosa genera questo crollo? Come possiamo intervenire?

Dopo avere analizzato la price elasticity, l’effetto flusso davanti allo scaffale, l’incidenza delle promo, del sampling con le hostess (ma di queste cose parleremo un’altra volta), abbiamo simulato diversi scenari utilizzando il sistema di cognitive machine learning di Rulex inc. Questi i risultati.

Se il prezzo calasse del 20 % i maschi adulti aumenterebbero le interazioni positive (cioè gli acquisti) del 10 %. Ritorno modesto, considerato l’investimento.

Con l’ausilio dei dati di ShinyStat, da decenni player dei digital analytics, abbiamo seguito allora il comportamento online dei maschi adulti acquirenti della tipologia di prodotto in oggetto: nel 39 % dei casi si recano su siti di ricette, nel 73 % confrontano i prezzi on line. L’analisi delle serie storiche evidenzia una correlazione elevata fra la navigazione e gli acquisti degli shopper maschi adulti. In particolar modo nei siti “ecologici”.  Bene, l’intelligenza artificiale ci dice che se la presenza di maschi adulti nei siti ecologici aumentasse del 20 % gli acquisti aumenterebbero del 30 %. Un affare molto più redditizio del semplice taglio prezzo!

Una provocazione? Mah…se consideriamo l’erosione continua dei margini e della brand equity a causa delle promozioni, forse un pensierino…