La tecnologia nei punti vendita… Attenzione

Il Wall Street Journal (clicca qui per leggere l’articolo) ha annunciato il ritardo nell’apertura al pubblico del punto vendita Amazon GO di Seattle, finora accessibile soltanto ai dipendenti.

Sembra che il ritardo sia dovuto a problemi relativi alla tecnologia. Amazon GO è il primo negozio totalmente automatizzato: lo shopper è “riconosciuto”, prende i prodotti, esce senza passare per le casse. Sembra che il ritardo sia dovuto al fatto che le tecnologie usate da Amazon creano problemi in caso di affollamento del negozio e nel tracciamento dei prodotti a scaffale.

Non ci stupisce: dal 2008 usiamo tecnologie analoghe – nel nostro caso senza riconoscere gli shopper (garantendo quindi la privacy) – e abbiamo realizzato un database con più di 13 milioni di shopper segmentati per genere, età, comportamenti, prodotti acquistati. Abbiamo misurato l’efficacia delle promo, dei fuori banco, delle hostess e del sampling, della comunicazione (anche video), dei planogrammi, degli assortimenti, associato i dati in tempo reale con le carte fedeltà e con il CRM, analizzato i risultati di diverse attività in store e di couponing. Lavoriamo con marche e distributori per trovare soluzioni operative per migliorare i risultati.

Sappiamo bene che la tecnologia può essere un eccellente “servitore” dello shopper, delle marche, dei distributori. Abbiamo anche imparato che può nascondere delle trappole, in cui anche i giganti possono cascare.

La tecnologia è uno strumento, non è un fine. Deve in primo luogo rendere più facile e piacevole la spesa. Quindi, attenzione e cautela, cioè non anteporre lo strumento al fine ultimo: ogni attività deve portare a risultati concreti e misurabili. Il primo passo per decidere se, come, quando e che cosa installare nei punti vendita è l’analisi degli shopper: chi sono, come agiscono, cosa gradiscono, come possiamo servirli al meglio.

Apple store a Milano… WOW!

Tutti avrete in mente l’immagine dell’Apple Store di New York: l’iconico cubo di cristallo che sorge al centro della Fifth Avenue.

Ebbene, Apple giungerà presto – non è ancora nota la data di apertura – nel cuore di Milano con uno store (ma a senso definirlo solo uno store?) rivoluzionario: molto più di un semplice negozio fisico, un vero e proprio spazio aperto di condivisione, ispirazione e creatività.

L’idea è quella di creare innanzitutto uno spazio di incontro, dove le persone potranno apprendere, partecipare ad eventi ed iniziative con talenti creativi, avere maggiori informazioni sui prodotti Apple e su come usarli, oppure semplicemente prendersi una pausa dalla frenetica vita cittadina godendosi un ambiente accogliente e stimolante.  Poi, forse, comprare.

“Sarà una piazza piena di idee”: recita il sito ufficiale di Apple Italia.

Non vi pare una rivoluzione del paradigma classico del negozio?

Proprio ieri parlavamo di sconti e promozioni nel mondo del largo consumo, lasciandoci con una provocazione: è questa la fine inevitabile degli investimenti di trade marketing? Una soluzione facile di vendita nel breve periodo, che però va ad erodere la brand e store equity?

Apple qui non vende solo un prodotto, ma anche e soprattutto un’esperienza, uno stile, un modello di ispirazione. Certo, la mela può permetterselo. Ma, a fronte di una fascia di consumatori (alto spendenti) che tende a dare sempre più peso alla shopping experience o al servizio, perché non pensare alla qualità (leggi soddisfazione nello shopping) piuttosto che alla quantità (leggi aperture in batteria di negozi sempre uguali) il cui scopo è “solo” vendere senza creare benessere (sì, anche nello shopping!), fiducia e, quindi, fedeltà?

Nota bene: il valore nasce dalla fiducia che è il presupposto della fedeltà. Dalla fedeltà dei clienti si generano i profitti.

Il consumatore sul piede di guerra

Una settimana fa abbiamo partecipato al seminario di Eumetra Monterosa. Titolo: Il consumatore al potere? Tema della massima attualità, che è stato trattato, basandosi su solidissimi dati di ricerca, in modo eccellente e provocatorio quanto basta.

Sono emersi molti temi fra cui la nuova consapevolezza del ruolo del consumatore, non più succube ma “dominus” del rapporto con le imprese, le marche, la distribuzione, la nuova centralità della donna, il ruolo della tecnologia.

Purtroppo le marche sembrano non agire di conseguenza: riporto un pezzo di un libro, “Ecologia della marca” (potete guardare la preview qui), scritto nel 2009 assieme a Fabrizio Fornezza, oggi partner di Eumetra: “La marca rischia di abiurare il suo ruolo; la relazionalità con il cliente rischia di essere seriamente compromessa dal ricorso massiccio a promozioni, offerte, tagli prezzo. Il valore, che non è uguale al prezzo, si appiattisce sul prezzo al punto tale da forzare il cliente ad una migrazione, ad un picking di offerte, dimenticando il legame con la sua marca. Una marca che diventa una “belle de jour” offerta a poco prezzo, usata e dimenticata, in cui la progettualità, la relazione duratura, la fedeltà diventano una chimera”.

Le marche hanno ancora moltissimo da dire, hanno eccellenti opportunità; anche i retailer, che emergono dalla ricerca Eumetra come uno dei settori più soddisfacenti per gli italiani. A proposito di retailer: c’è molto da migliorare senza soccombere travolti dai tagli prezzi (vedi il testo del libro).

Il consumatore/shopper è più evoluto di come ce lo figuriamo. Vuole il giusto prodotto al giusto prezzo, vuole qualità certificata, servizio, supporto e il retailer non può sottrarsi al suo ruolo di ente che seleziona e certifica per conto dei consumatori i prodotti da offrire sugli scaffali.

Tempo fa abbiamo incontrato un noto retailer, proprio dopo una trasmissione di Report che riportava l’ennesima contraffazione alimentare: l’ammissione di responsabilità, a denti stretti, è stata fatta. Il retailer ammetteva, con non poco sgomento e rabbia, di avere abbassato la guardia, di non avere più come un tempo il controllo della filiera dei fornitori. Un altro effetto pernicioso della “brand choice overload” di cui parleremo in un altro post.

Tutti connessi? E il mondo reale?

E’ un bel interrogativo quello che vi proponiamo oggi: è una domanda impegnativa e di ampissimo respiro! Per questo vi proporremo il nostro punto di vista limitatamente a ciò che è di nostra pertinenza, ovvero il mondo del marketing, e in particolare quello delle ricerche shopper, di cui ci occupiamo direttamente.

Innanzitutto alcuni dati: Facebook ha raggiunto i 28 milioni di utenti mese in Italia, in pratica il 46,6 % della popolazione. Il tempo speso sui social media è di due ore, leggermente in calo rispetto a due anni fa (2,5 ore), ma è comunque significativo. Dati impressionanti che sicuramente fanno riflettere.

Un paradosso: si rincorre internet, non se ne può più di parlare di millennials  e si perde d’occhio colui che mantiene ogni azienda: lo shopper, quel signore/signora che ogni giorno allunga la mano e mette nel carrello proprio quel prodotto.

Pochissimo si sa del “gesto” finale, del momento in cui davanti al prodotto si compie la scelta. Ed è un male, dato che dal gesto dipendono non solo la quota di mercato ma soprattutto la sopravvivenza della marca/azienda nel lungo periodo. La mano è mossa dal prezzo? Dalla Brand awareness? Dalla attrattività del prodotto? Dalla rilevanza?

Lo scopo del marketing e della comunicazione è quello di portare il cliente al negozio, e, ormai, la decisione d’acquisto avviene per lo più nel negozio (per approfondire il tema vi rimando al mio libro “Shopper Marketing. Dall’intenzione all’acquisto”).

Gli esperti del settore possono portare un cliente al negozio, ma è il negozio stesso, alla fine, che fa sì che un atto potenziale si trasformi in un fatto: dalla intenzione all’acquisto e da questo, magari, alla fedeltà.

A partire dal 2009 abbiamo misurato più di 1,1 miliardi di consumatori e shopper: più di 76 milioni in stazioni, aeroporti, 12 milioni di shopper (acquirenti potenziali ed effettivi, comunque tutti esposti ai prodotti davanti a scaffali e fuori banco) in Iper, Super, negozi tradizionali, luxury, automotive, 10 milioni di italiani che hanno partecipato ad eventi in piazze, fiere, centri commerciali….

Tantissimo materiale dal “mondo reale” ovvero dall’ “oceano blu” a disposizione (ancora…per quanto?) di ogni azienda.

Perché un Blog sul consumer e shopper marketing?

Perché molti studenti del corso al Master in marketing dell’Università Cattolica di Milano, dove insegno dal 2005, mi hanno chiesto di creare un ambiente in cui ripescare concetti, modelli, esempi dopo aver concluso il Master. Passati alcuni anni e presi dal lavoro ciò che si è imparato all’Università diventa evanescente: come si calcola un GRP o l’elasticità di prezzo? Che cos’è la correlazione di Pearson e a cosa serve?

Dati e analytics: l’oro nero del ventunesimo secolo. Certo, ma big data non è sinonimo di good data. I professionisti del marketing combattono con tonnellate di dati da fonti diverse, disomogenee, spesso poco conciliabili: nella maggior parte dei casi il problema non è l’oro nero ma è l’estrazione del valore (ovvero dei significati che aiutino a prendere decisioni adeguate e applicabili). I miei (ex) studenti mi dicono di dover far fronte ad analisi sempre più complicate (i data scientist del resto sono molto richiesti) sentendosi spesso in un labirinto.

Cercheremo di semplificare: nei nostri post partiremo da casi reali, usando nuove tecnologie per capire i consumatori, gli shopper, i loro comportamenti, i loro acquisti off e on line. Poca teoria e molta vita di tutti i giorni: vedremo (pochi) dati, alcuni analytics, scopriremo come estrarre gli “insight”.

Nella teoria e nella letteratura di marketing troviamo un vero e proprio buco nero che è stato raramente esplorato: l’ultimo secondo, ovvero il momento in cui un consumatore si trova davanti a un prodotto per acquistarlo. Cosa succede? Cosa lo spinge all’acquisto? Che relazione esiste fra gli stimoli (fra cui l’advertising, ma non solo) e la decisione d’acquisto? Cosa determina la conversion? Sarà il focus dei nostri interventi: semplicità e pragmatismo: ovvero cosa devo fare per far comprare il mio prodotto?

Per iniziare e per seguire il suggerimento degli studenti potete scaricare un glossario, un “bignami” con una sintesi di concetti e topiche di marketing, tanto per rinfrescare la memoria fra una riunione e l’altra.

A presto,

Matteo

Una preview dei prossimi argomenti:

Quanti shopper acquistano effettivamente il mio prodotto?

Tempo di attenzione: il falò del budget di marketing in 4 secondi.

Come convertire gli shoppers potenziali in attuali?

Effetto vetrina e brand awareness: quanto impatta il Digital signage?