Mentre analizzavamo i dati pre e durante l’epidemia, abbiamo notato un fenomeno particolare. In super store (2500/3000 mq) in aree urbane, quindi sempre aperti, abbiamo potuto analizzare l’effetto sugli acquisti di una attività promozionale nazionale, dal 6 al 20 febbraio, e l’effetto Covid a partire dalla fine di febbraio. Promo molto importante per portata (molte referenze) e taglio prezzo (40/50%).
Dove sta la particolarità? Primo, il numero di ingressi negli store (media settimana) durante la promo era di circa 18.000 shopper. Nella prima settimana di “Covid” (24 febbraio) il numero scende a 17.000, per arrivare a 18.500 nella successiva e a 23.000 nella settimana dal 9 aprile. Poi crollo a 10/11.000 ingressi nelle settimane successive.
Durante le settimane promo si vendono in media 3.000 confezioni a settimana che calano a 2.500 a inizio epidemia, a 2.200 nella prima settimana di aprile per consolidarsi a 1.300/1.400 nelle settimane successive.
Acquisti medi: 2,95 pezzi durante la promo, 2,14 l’ultima settimana di febbraio poi a salire, fino a 3,3 pezzi per shopper.
Gli spunti per riflettere: la dinamica delle presenze in store va analizzata in dettaglio perché, come si vede, il dato medio di un certo periodo (ad esempio tre settimane prima della crisi e tre dopo l’inizio) è fuorviante.
Il sell-out, se preso in totale, non rappresenta un indicatore adeguato: racconta un effetto ma non le cause.
Lo shopper è il vero elemento determinante: ciò che si modifica in modo evidente, e rappresentativo del cambio di paradigma, è l’acquisto medio di coloro che sono arrivati allo scaffale, hanno guardato e acquistato i prodotti.
Ultima , ma non indifferente informazione: di fatto lo shopper sta comprando di più e A PREZZO INTERO, spinto dalla necessità (timore, ansia, l’atavico arraffare italico…). E non poco: gli acquisti medi crescono dell’11,9 % in volume nella settimana di picco Covid rispetto alle settimane promo.
In pratica, più vendite e margini per retailer e imprese: ciascuno tragga le sue conclusioni.