Covid 19: Come cambia lo shopper durante l’epidemia: 3 – Supermercati

Consideriamo ora il canale supermercati dopo avere analizzato gli Iper nel primo e nel secondo post pubblicati.

La situazione dei supermercati è decisamente migliore rispetto agli Iper (anche escludendo, come abbiamo fatto nella nostra analisi le superfici nei grandi centri commerciali). I flussi sembrano in qualche modo correlati alla espansione dei casi positivi: ad esempio, in Emilia, terza regione per numero di contagiati, il calo rispetto all’inizio dell’epidemia, è circa del 20 %. Nel Lazio, sesta regione in Italia e con un numero di contagi inferiore di due terzi rispetto all’Emilia Romagna, il calo è di circa 10 punti percentuali.

Quindi buona tenuta dei flussi che peraltro si inseriscono in un periodo di calo fisiologico dovuto alla stagionalità. Se consideriamo gli shopper, coloro che sono arrivati allo scaffale e hanno valutato l’acquisto, concludendolo o meno, il calo è meno deciso: sempre considerando le due regioni tipo, in Emilia rileviamo – 14 %, nel Lazio una sostanziale parità rispetto al pre virus.

Consideriamo i volumi: In Emilia gli acquisti per shopper sono più che raddoppiati (anche se il trend è in calo), mentre nel Lazio si registra, in anticipo rispetto all’Emilia una leggera flessione. Ricordiamo che stiamo analizzando una categoria food “media”.

In Emilia la suddivisione per genere si modifica leggermente, con calo dei maschi e crescita di 4 punti percentuali delle femmine, dato analogo per il Lazio. Ciò che si modifica sono i tempi di sosta davanti allo scaffale e il tempo di scelta dei prodotti (i dati sono in secondi medi):

  Emilia   Lazio  
Permanenza Scelta Permanenza Scelta
Pre Covid 6,6 1,9 8,4 3,5
Covid 6,9 2,0 10,4 4,7

Decisamente più alti nel Lazio, con una crescita del 4 % circa in Emilia (Covid vs. pre Covid). Nel Lazio la permanenza aumenta del 23 % e la scelta del 34 %.

In pratica, la geometria del comportamento dello shopper varia in maniera determinante per format e zona geografica, come c’era da aspettarsi. Meno presenze ma più acquisti: è interessante notare che sia negli Iper di piccole dimensioni (post 1, 17 aprile) sia nei super da noi analizzati, ad esempio in Emilia, l’acquisto medio per shopper tende a raddoppiare. Si nota una maggior presenza di donne ma soprattutto un aumento della indecisione. La scelta sembra decisamente più ragionata nei supermercati, cosa che non accadeva negli Iper.

Covid 19: Come cambia lo shopper durante l’epidemia- Ipermercati 2

Nel Post precedente abbiamo analizzato il calo del traffico negli Ipermercati, che rientrava in un trend già decrescente. Meno persone nei punti vendita ma anche meno shopper davanti ai prodotti. Il dato non sorprende, dato che solo un componente del nucleo familiare è autorizzato ad entrare negli store per fare la spesa.

Trattiamo ora del comportamento dello shopper e dei suoi acquisti. Intanto, il tempo medio dedicato alla scelta dei prodotti è calato del 10 %. Quindi meno gente davanti agli scaffali che effettua scelte più veloci, meno tempo di attenzione ai prodotti e minore permanenza nei punti vendita. La epidemia non genera modifiche nella composizione degli shopper per genere, mentre aumenta di 5 punti la percentuale di giovani (calano anziani e adulti).

Consideriamo i volumi:

Anche in questo caso poniamo a 100 l’acquisto medio prima dell’inizio della crisi. A fine gennaio si rileva un’importante attività promozionale, a cui segue una flessione fino alla fine di febbraio, cioè all’inizio dell’epidemia. La curva poi si impenna, fino a raggiungere un acquisto medio di 3,34 confezioni contro l’1,65 a metà gennaio. Un aumento del 120 %.

Meno shopper ma crescita delle quantità acquistate. Nel prossimo post analizzeremo la situazione nei supermercati.

Covid 19: Code all’esterno dei supermercati ma più gente davanti agli scaffali? 1

Vista la situazione non potevamo esimerci dall’utilizzare i dati della nostra piattaforma Dianalytics per capire se e come è cambiato il comportamento degli shopper dall’inizio della crisi. La possibilità di avere un osservatorio continuativo sul traffico degli store, il numero di shopper dei prodotti, i loro comportamenti ci pone nella condizione, quasi nell’obbligo morale, di condividere con chi ci segue dati che altrimenti non sarebbero disponibili.

Abbiamo estratto, in primis i dati degli Ipermercati (i super arriveranno nei prossimi post): abbiamo considerato i dati giornalieri di ingressi, di shopper potenziali (ovvero di coloro che arrivati davanti agli scaffali guardano i prodotti), dei loro acquisti: 281.000 casi in due mesi. Fra le possibili categorie abbiamo scelto una del beverage, per un totale di 35.000 pezzi venduti.

Se consideriamo il trend del traffico nei punti vendita (linea blu), ponendo uguale a 100 il numero di ingressi nella settimana dopo il 6 gennaio, notiamo un calo generale delle presenze: il 18 febbraio, quindi prima dell’esplosione della epidemia, il calo era già del 40 %.

Si nota chiaramente un aumento delle presenze a partire dalla metà di febbraio e un picco la prima settimana di marzo: evidente l’effetto scorta. Poi il calo. A fine marzo la flessione era pari al 56 % rispetto a gennaio. Rispetto però al dato di metà febbraio, che rileva il trend del traffico prima dell’epidemia, la caduta è di circa 15 punti. Quindi, calo delle presenze sì ma all’interno di un trend già decrescente.

Consideriamo ora il numero di shopper potenziali (linea gialla), ovvero coloro che sono arrivati alla categoria e hanno guardato i prodotti sugli scaffali.

Gli shopper sono più stabili nel tempo, in leggera crescita fino alla fine di febbraio: i dati dimostrano la elevata penetrazione della categoria: beni normalmente presenti nel paniere degli acquisti. A fine marzo il numero di shopper cala del 65 % circa, quindi più degli ingressi. Bisogna anche qui considerare la stagionalità ( – 12 %), quindi il dato reale riporta una flessione degli shopper del 53 %.

In pratica, una categoria di uso comune, ma non primaria come la pasta o il pane, ha visto calare gli shopper in modo più rilevante rispetto al punto vendita. Nel prossimo post aggiungeremo i dati sugli acquisti della categoria e degli shopper. Seguiranno i dati del canale supermercati.

A tutti coloro che fossero interessati al termine delle pubblicazioni invieremo un rapporto completo (per la richiesta contattare alessandro.marzulli@dialogica.it).

Durante una promo, la marca aiuta a vendere di più e meglio?

Cioè, se consideriamo due prodotti FMCG in promozione nel medesimo periodo, possiamo fare qualche considerazione sul differenziale offerto dalla marca nel risultato complessivo?

Estraiamo dal nostro Dianalytics, il DB che ormai ha raggiunto più di 15 milioni di shopper profilati per caratteristiche, comportamenti di acquisto e di consumo, i dati di alcuni Iper e super.

Consideriamo due competitor, entrambi promozionati nel medesimo periodo. Il dato di traffico medio degli store (circa 18.000 shopper a settimana) non si modifica durante le promo. La categoria vende in media 2.230 pezzi a settimana. Il periodo promo, tre settimane, registra un aumento del sell-out del 19 %, considerando tutti i prodotti, primi prezzi e PL compresi.

Se consideriamo la fascia medio alta del mercato e confrontiamo due prodotti in diretta competizione notiamo che:

Il prodotto A è venduto ad un prezzo medio di 6,20 €. In media si vendono, al netto delle promo (baseline) 4,6 pezzi a settimana per PV.

Il prodotto B è venduto ad un prezzo di circa 7 €. In media si vendono, sempre a baseline, 5,1 pezzi settimana, sempre per PV.

Durante la promo (in contemporanea) B, con un prezzo superiore del 22 % (quindi, in termini reali ben superiore alla baseline (+ 13 %) rispetto ad A), vende il 20 % in più di A.

Il segreto? Sembrerebbe che la marca B sia più rilevante. La riprova? Il nostro indice Sale Index, che rileva l’interesse per una marca, risulta per B 10 volte superiore rispetto ad A.

Morale: anche in un mercato molto promozionato, con picchi di intensità promozionale dell’80 %, la marca svolge ancora un ruolo centrale, che può essere misurato. Si può, con i nostri dati direttamente dai punti vendita, con gli indici di performance, monitorare in continuo la salute della marca, confrontandola con i competitor, valutando l’impatto durante le promo, con o senza fuori banco.