La scorsa settimana eravamo in riunione con un noto retailer per analizzare l’efficacia assortimentale ed espositiva. Il gruppo di lavoro del retailer valuta i risultati solo in base all’aumento del sell-out. Più si vende, più una soluzione è efficace.
Peccato che non sia così semplice: prendiamo un caso analizzato con i nostri sensori nei punti vendita:
Stiamo analizzando una categoria food “tipica”, un classico nel consumo degli italiani. Abbiamo testato tre diversi planogrammi.
Il sell-out nel terzo plano cresce del 12 % rispetto al secondo. Bene, grande successo. Peccato che la pressione promozionale passi, nel segmento principale, dal 55 al 61 %. La crescita dipende dagli sconti che oscurano completamente il contributo (eventuale) del nuovo display? Come leggere correttamente i risultati?
Consideriamo le variabili chiave: il traffico del PV cala, così come quello a scaffale. L’attrattività dello scaffale diminuisce di 30 punti rispetto al planogramma 2 e di 6 rispetto al plano 1. Quindi, primo risultato: meno gente in corsia e meno attrattività per il plano 3.
Analogamente (guarda caso…) cala del 32 % anche la rilevanza che lo scaffale ha per gli shopper.
Il sell-out per viewer (ovvero per shopper che guarda lo scaffale) cala del 14 % rispetto al plano 2. Meno gente a scaffale e meno attrattività, con dato di vendita a baseline, quindi depurato dalle promo, si traduce in calo effettivo delle vendite della categoria.
Quindi il plano 3 è meno efficace del plano 2, anche se apparentemente (e superficialmente) sembrava il contrario.