Con oggi apriamo un altro tema “caldo”, quello delle loyalty cards, e cerchiamo di dare risposta ad un interrogativo che sempre più le aziende si pongono: le carte fedeltà servono ai fini di una migliore conoscenza del nostro cliente? E se sì, come possono essere intelligentemente utilizzate per una efficace strategia di marketing?
Il vantaggio principale è quello di conoscere esattamente tutti gli acquisti fatti dal singolo cliente, ogni volta che si reca in negozio. Permettono inoltre di conoscere la frequenza di visita, di sapere se il cliente è un alto o basso spendente, se è fedele o infedele, se aderisce ad offerte promozionali, e, nel caso, a quali.
Se poi a questi dati uniamo quelli riguardanti le scelte operate dagli shoppers direttamente a scaffale – osservo e tocco il “prodotto X” ma poi lo rimetto a scaffale e compro “Y” – possiamo ottenere un patrimonio di informazioni ancora più ricco. Possiamo ricostruire l’intero processo di acquisto e valutare così l’efficacia delle attività di trade marketing.
In una ricerca shopper, da noi seguita, abbiamo testato la bontà di una particolare iniziativa promozionale indirizzata ai possessori di carta fedeltà. Innanzitutto una prima osservazione. Gli intestatari delle carte fedeltà risultano essere per il 49% uomini e per il 51% donne. Ma questo dato non corrisponde al profilo dello shopper effettivo rilevato dai sistemi di Videoanalytics di Dialogica che individuano al contrario una prevalenza degli uomini sulle donne. Questo ci insegna che l’intestatario della card non è sempre lo shopper effettivo.
Sulla base dei comportamenti e delle scelte di acquisto rilevati durante i periodi promozionali e soprattutto dei tassi di redemption (quanti shoppers continuano ad acquistare il prodotto anche dopo la fine della promo), individuiamo 4 cluster di clienti:
- Shopper fedeli alto consumanti
- Shopper fedeli basso consumanti
- Shopper occasionali
- Shopper della concorrenza
Il tasso di redemption più alto viene registrato chiaramente sul target dei fedeli “heavy users” (29%), ma una certa opportunità viene individuata sul cluster occasionali (14%) e concorrenti (10%). La formula di promo più efficace? Quella più “articolata” (con un cut price più modesto sui clienti già acquisiti) e quindi meno aggressiva. Questa registra alla fine un ROI positivo (+ 6%). Le altre due formule, che appiattiscono gli sconti su un livello alto indifferentemente per tutti i target di clientela, chiudono in negativo.
Quanti nuovi clienti restano fedeli alla marca dopo la promozione? Ovvero, le promo sono uno strumento efficace di sampling e inducono gli shopper ad acquistare nuovamente? Ci ritorneremo in un prossimo post.