Osserviamo gli shopper mentre stanno acquistando

Riprendiamo quanto abbiamo visto nel nostro ultimo post: il nostro sguardo osserva chi compra, il suo comportamento, direttamente dallo scaffale. Nessuna intrusione con il normale processo di acquisto, nessuna influenza, solo l’osservazione dell’ordinario processo che porta dall’interesse ad un prodotto al suo acquisto.

Questa volta consideriamo un prodotto alimentare (nella precedente puntata abbiamo trattato il non food): il caso è interessante dato che confrontiamo una categoria, con un leader molto consolidato (linea a punti color ocra), un nuovo player che tenta di attaccare il leader (linea blu). In cima al pentagono consideriamo uno “shopper medio” ovvero la media di tutti gli shopper che davanti allo scaffale hanno concluso un acquisto.

La vita per lo sfidante è dura: lo shopper preferisce decisamente il leader, con cui ha interazioni ben superiori (+ 36 %). Il nuovo prodotto evidenzia un acquisto medio per shopper superiore del 17 % rispetto alla media; lo stesso dato cresce al 70 % per il leader.

In pratica, una netta preferenza per la marca leader. L’analisi può essere condotta su nuovi prodotti in test, su nuovi pack o pack design, su nuovi display, scaffali, planogrammi, nei supermercati associati a Dialogica,  per avere dati oggettivi da punti vendita veri. Ovvero, osservare lo shopper nel suo vero processo di acquisto: dati reali da persone reali, in negozi reali, quindi massima efficacia dell’analisi.

Sullo scaffale ad osservare gli shopper

Molti anni fa l’AD di Coca-Cola Company, mio capo, mi consigliava sempre di osservare gli shopper (allora non li chiamavamo così) mettendomi vicino allo scaffale. Tuttora consiglio la stessa cosa ai miei studenti: è una attività estremamente utile da cui si impara moltissimo. Purtroppo il tempo che possiamo dedicare all’osservazione dei comportamenti d’acquisto è molto poco. La tecnologia ci viene in aiuto. Con i sensori di Dialogica installati sullo scaffale possiamo raccogliere ogni giorno tutti i dati sullo shopper, i suoi comportamenti, le scelte o le non scelte (si impara di più dalle cose che non funzionano).

Facciamo un esempio: in una categoria non food consideriamo i primi tre marchi; il Brand A è il leader.  Il modello prevede che uno “shopper medio” (In alto nel diagramma) sia davanti allo scaffale. Per ciascun prodotto e per la categoria consideriamo la differenza rispetto alla media (100) del numero delle volte in cui un prodotto è toccato (toccato), acquistato, il totale delle interazioni (toccato + acquistato) e il numero di vendite per singolo shopper.

Gli score del leader sono decisamente molto sopra la media: dove stravince? Nella preferenza accordata dagli shopper, 63 % più elevata della media, ciò porta più interazioni e acquisti. Lo shopper medio è ancora, per fortuna, affascinato dalla marca. Il modello permette una diagnosi completa della salute della marca, confrontandola con i concorrenti attraverso l’osservazione passiva e non intrusiva dello shopper. E’ come star seduti tutti i giorni sullo scaffale ad osservare: il mio ex capo sarebbe contento.