Perché alcuni negozi performano bene e altri male?

Il risultato commerciale di uno store dipende da molti fattori: l’offerta complessiva, i prezzi, la location, il traffico esterno, la vicinanza a negozi “attraenti”, l’effetto delle vetrine e il visual merchandising, gli ingressi e infine le vendite.

La misurazione dell’efficacia e del potenziale dei negozi è determinante per ottimizzare la resa del network e per le nuove aperture. Oggi più che mai, come effetto della crisi e dell’esplosione delle vendite on line, è necessario focalizzare gli investimenti: Confesercenti riporta un calo delle profumerie del 17,5 % dal 2007 al 2016. A proposito di profumerie: Dialogica ha analizzato le performance di una rete. Per i negozi si è valutata la location, i bacini di utenza, il traffico esterno, l’attrattività delle vetrine, gli ingressi, gli acquisti. I dati sono stati analizzati con un modello sviluppato da Dialogica e denominato “Store Equity”. Il modello permette di assegnare un indice di potenzialità a ciascun negozio basandosi sulla location il numero di persone che transitano all’esterno, i clienti potenziali che entrano e i loro acquisti.

Vediamo i risultati: riportiamo un estratto di tre negozi, a titolo di esempio.

Le barre riportano i risultati per alcuni fattori esaminati: Traffico (Window traffic), Efficacia delle vetrine (Attraction), Ingressi (Convertion), vendite (Sales).

Nelle ellissi blu si riporta l’indice di potenzialità: il negozio 3 (quello sulla destra) è quello più potenziale: perche? I dati di traffico sono simili al negozio 1 (alla sinistra), superiori al 2 e, in generale, gli altri indicatori non sono così distanti. Tranne il sale index, l’indice sviluppato da Dialogica che connette acquisti e traffico.

La profumeria 3 sembra avere una efficacia commerciale decisamente inferiore (2/3 minore degli altri negozi). Una verifica interna ha evidenziato che nel negozio 3 (In una cittadina della Brianza) il turnover del personale di vendita era assai elevato. Insomma, rispetto agli altri negozi, il problema dello store 3 è il personale di vendita!

Usiamo questo metodo per analizzare in dettaglio i negozi sovra o sotto performanti, per individuare le ragioni che generano risultati positivi ed estenderli a tutti i negozi della catena, per determinare il mix migliore per le nuove aperture. I risultati sono anche utilizzati per l’assegnazione del budget (che è più preciso rispetto al tradizionale sistema basato sulle vendite storiche) e per le previsioni di vendita, anch’esse più precise rispetto all’utilizzo dei soli dati storici, dato che considerano la maggior parte degli elementi strutturali e ambientali che determinano il risultato commerciale di un negozio.

Acquisti di impulso e avancasse

Avancassa è spesso sinonimo di acquisto di impulso sia per la collocazione nel punto di vendita sia per la tipologia di prodotti esposti. La sua funzione è quella di invogliare lo shopper a compiere uno o più acquisti “extra” prima di lasciare il punto di vendita. Potrete quindi intuire come quest’area racchiuda grandi potenzialità, di cui però molto spesso poco si conosce.

Dialogica si è dedicata per tre anni consecutivi ad una costante attività di monitoraggio del comportamento e delle attitudini di acquisto dello shopper in avancassa. Ci siamo basati su un campione complessivo di quasi 8,5 milioni di acquirenti, e abbiamo raccolto dati al fine di trovare la struttura espositiva e assortimentale più efficace.

Abbiamo scoperto che il profilo dell’acquirente medio è prevalentemente maschile, con tempi di permanenza e attenzione tendenzialmente superiori a quelli femminili; gli acquisti medi dei maschi sono superiori a quelli delle donne e concentrati soprattutto nei weekend.

I fattori che impattano in maniera decisiva sulle vendite sono la collocazione della cassa, l’altezza dei ripiani (quelli più alti rendono chiaramente di più), l’attrattività del planogramma, l’assortimento e il prezzo.

Nel periodo di analisi abbiamo testato diverse tipologie di planogramma e assortimento. I dati hanno premiato la configurazione di scaffale più semplice, e con una migliore visibilità delle marche. Qui un esempio di confronto display.

Nonostante il calo di traffico (dovuto anche all’inserimento delle casse self-service), gli shopper sono risultati più attratti dall’esposizione e la loro attenzione si è più facilmente convertita in acquisto.

Come in altri casi, la chiarezza espositiva e la forza del brand hanno generato più vendite.

Ci sarebbe molto da fare per migliorare e ottimizzare questa zona del punto di vendita. Gli acquisti di impulso risultano in calo: secondo Recode, le vendite di chewing gum hanno subito una flessione del 15% proprio a partire dal 2007.

Altre nubi potenzialmente offuscano il futuro delle barriere cassa: pensiamo all’innovazione che Amazon sta portando non solo nel negozio virtuale, ma anche in quello fisico. E AmazonGo ne è il primo esempio, con il suo concetto di “no lines no checkout”.

Per alcune categorie merceologiche il 92% degli acquisti proviene da questa posizione del punto di vendita, e solo l’8% dal banco. Verrebbe quindi da chiedersi: quale sarà il suo destino? Come trasformare quella che di primo acchito sembra essere una minaccia in una opportunità di crescita?